Il mondo femminista apra il confronto su gpa e sex work

Le elezioni politiche del 2022 saranno ricordate nei libri di storia del nostro paese: hanno portato la prima donna a rivestire, con alta probabilità fino ad oggi, il ruolo di presidente del consiglio dei ministri: una donna che guida un partito di destra, estrema destra, che ha nel simbolo la fiamma tricolore del MSI, un partito dichiaratamente neofascista.

Giorgia Meloni è stata eletta a furor di popolo, con una legge elettorale antidemocratica e poco conciliabile con la logica matematica. È stata eletta come se rappresentasse la svolta, eppure è in politica da decenni, eppure ha votato in Parlamento misure molto impopolari, dalla legge Fornero al Fiscal Compact, dallo scudo fiscale a tutti i condoni salva evasori, dal legittimo impedimento al Lodo Alfano, alle leggi ad personam pro Berlusconi, fino a sostenere che Ruby fosse la nipotina di Mubarak.

Queste stesse elezioni hanno visto a Sesto San Giovanni, ex Stalingrado d’Italia, vincere un’altra donna, Isabella Rauti, figlia del più noto Pino, ex segretario del Msi, tra i fondatori della Fiamma Tricolore e di Ordine Nuovo, vicino ad ambienti eversivi dell’estrema destra.

Isabella Rauti, da sempre militante nelle forse politiche di destra italiane, ha vinto con il 45,4% dei voti contro il 30,8 % di Emanuele Fiano, figlio di Nedo Fiano, sopravvissuto ad Auschwitz.

Due donne, dunque, risaltano sulle pagine della cronaca politica dopo una campagna elettorale che è stata caratterizzata da un protagonismo quasi esclusivamente maschile e che ha avuto come unico argomento sulle donne l’aborto.

Chi sfonderà il tetto di cristallo sarà una donna, che è espressione del conservatorismo reazionario, patriarcale e nazionalista.

E la sinistra? Si è dissolta nei rivoli delle polemiche interne, della lotta fratricida, che ha coinvolto le diverse anime, dalla più radicale, rappresentata da Unione Popolare, alla più liberista rappresentata dal cosiddetto terzo polo di Calenda e Renzi.

Le polemiche non hanno risparmiato il mondo femminista, colpevolmente frammentato e troppo contaminato da un modus operandi messo in atto in politica dagli uomini, che da secoli detengono il potere decisionale nei luoghi istituzionali e nei partiti. Non è infatti un caso che a raggiungere posizioni di potere politico siano donne che sostengono e promuovono un’organizzazione e un disegno di società androcentrica, che relega la donna in ruoli di cura e di riproduzione secondo uno schema tradizionalista di famiglia eteronormata.

La nostra associazione, femminista, ambientalista e antifascista, è nata da poco, traendo origine dalla Convenzione delle Donne che si è celebrata appena un anno fa, a settembre 2021, presso Lamezia Terme. Il nostro obiettivo è promuovere protagonismo femminile attivo in tutti i luoghi decisionali della politica e delle istituzioni, sostenendo donne che siano capaci non di rompere il soffitto di cristallo per assumere un potere androcentrico, ma di assumere potere decisionale, da gestire per promuovere una società più equa, che abbatta stereotipi di genere, disuguaglianze e discriminazioni di ogni sorta.

Nella campagna elettorale non ci siamo lasciate coinvolgere, non avendo la forza per proporre una nostra lista per condizionare eventuali coalizioni. Abbiamo preferito sostenere chi delle nostre socie ha scelto legittimamente di presentarsi in liste appartenenti al variegato mondo dell’antifascismo ambientalista e pacifista.

Abbiamo redatto un manifesto politico che abbiamo proposto ad alcune candidate, non riuscendo a raggiungere, per limiti temporali e forse anche organizzativi, tutte le candidate che avrebbero trovato interessante sottoscriverlo.

Tra le persone che hanno sottoscritto il nostro manifesto abbiamo in elenco anche Marilena Grassadonia, responsabile Diritti e Libertà di Sinistra Italiana. Pubblicare sulla nostra pagina fb la sua adesione a un manifesto politico che non ha alcun riferimento a tematiche come la gravidanza per altri/e o la prostituzione, ha innescato una brutta polemica nei confronti della nostra associazione non da parte delle destre, ma da parte di altre femministe, che ci hanno pubblicamente accusato di essere favorevoli alla mercificazione dei corpi delle donne, al liberismo patriarcale. A nulla sono valse le nostre motivazioni a sostegno del fatto che sottoscrivere un documento di un’associazione non vuol dire portare l’associazione ad aderire alle istanze di cui è protagonista Grassadonia. A nulla è servito sostenere che noi abbiamo dato apertura alla sottoscrizione a qualunque donna condividesse quanto scritto nel documento, purché non aderente a organizzazioni politiche vicine ad ambienti fascisti. A nulla è valso tentare di far capire che la nostra associazione è aperta al dialogo con tutte le donne impegnate e che vogliono impegnarsi in politica, che sono accomunate a noi dagli stessi ideali, valori e principi.

La nostra associazione non discrimina in base alle idee e impedire a Grassadonia di sottoscrivere il nostro manifesto sarebbe stato discriminare per idee e posizioni politiche su tematiche su cui, al nostro interno, non abbiamo avuto il coraggio di aprire il confronto.

Sappiamo infatti che sono tematiche divisive, sappiamo che tra di noi ci sono donne che la pensano in modo diverso, ma sappiamo anche che è giunto il momento di chiedere al mondo femminista di unirsi a noi nel confronto sul tema della gravidanza per altre/i e sul tema della prostituzione, sulla mercificazione dei corpi e sul senso e significato di autodeterminazione e di farlo non aprendo tifoserie da stadio, ma aprendo il dialogo per cercare una mediana femminista, definire una terza via, comune, che faccia da collante in un momento storico difficile soprattutto per noi.

A chi invece di dialogare ha preferito la strada della polemica, esprimendo disprezzo anche verso la condivisione sui nostri canali di alcuni interventi interessanti e di pregio di Elly Schlein, a chi ha invitato una di noi a uscire dalla propria rete, evidentemente gestita in modo verticistico e secondo dinamiche a cui i nostri uomini ci hanno abituato da secoli, diciamo che il nostro femminismo è altro, è femminismo di dialogo e di tolleranza, è femminismo di soluzione di conflitti e di ricerca, è femminismo di rete e non di piramidi, è femminismo di apertura e non di avvitamento su posizioni che sono molto più vicine alla radicalità fascistoide di Meloni.

E se dovessi trovarmi a scegliere tra Meloni e Grassedonia, beh, non avrei dubbi a gettare giù dalla torre Meloni e aprire al dialogo con Grassedonia, pur non condividendone le posizioni proprio su gpa e sex work.

Intanto il mio pensiero e la mia solidarietà vanno a Liliana Segre, che dovrà, come rappresentante del Senato con maggiore età anagrafica, accogliere i nuovi vincitori e le nuove vincitrici, stringendo la mano a chi ha vinto con la fiamma tricolore nel simbolo, stringendola persino  alla figlia di Pino Rauti.

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1 commento
  1. Franca Bertagnolli
    Franca Bertagnolli dice:

    PDEVEDO CHE SARÀ DURA… ma sono contenta di poter partecipare. Grazie a tutti gli sforzi cbe fate nel trovare cio cbe ci puo unire e soprattutto faw crescere per cercare di delineare- da protagoniste- Una nuova CIVILTÀ!
    Lasciamo stupire…!

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