In Trentino la doppia preferenza di genere è salva!
All’inizio di legislatura ( 2018) una consigliera provinciale (donna) appartenente ad una lista Civica, che sostiene la Lega di Salvini nella guida della Provincia di Trento, ha presentato un disegno di legge di modifica della legge elettorale provinciale, inserendo la possibilità di esprimere fino a 3 preferenze, al posto della doppia preferenza di genere oggi esistente ed eliminando la composizione a “pettine” delle liste elettorali e cioè con l’alternanza di candidati appartenenti ai due generi.
Oggi, 30 maggio, il disegno di legge è stato ritirato, grazie al deciso ostruzionismo delle opposizioni, segnando il fallimento di una proposta legislativa pessima e dannosa per la parità di genere.
Pur nella consapevolezza che solo una minoranza di votanti fa uso del secondo voto, la doppia preferenza di genere ha fatto registrare un aumento di candidate elette nelle assemblee elettive.
Modificare tale previsione, inserendo 3 preferenze, avrebbe sicuramente danneggiato le candidate donne, perché gli uomini hanno dimostrato, elezione dopo elezione, di saper sfruttare l’opportunità offerta dalle preferenze multiple, realizzando le cosiddette cordate, cosa questa che non appartiene alla pratica elettorale delle candidate donne.
Gli uomini detengono un’esperienza “lunga” su come sfruttare al meglio i meccanismi elettorali, e dunque, smontare tale meccanismo ha dimostrato la sua utilità.
Certamente però non bastano le norme per ridurre il divario di genere esistente, serve la convinzione che la parità migliora la qualità della politica. Un maggior numero di donne nei luoghi decisionali, sia politici, come economici, consente di ’inserire un nuovo e diverso punto di vista aiutando il cambiamento e l’innovazione.
Va anche detto che i partiti sono terribilmente conservatori e non favoriscono le carriere politiche femminili, promuovono, in genere, le donne che possono in qualche modo controllare e quindi serve un cambio di passo anche nella sfera partitocratica.
Infine, tornando alla scarsa tendenza a utilizzare il secondo voto, è interessante lo studio di A. Baltrunaite, A. Casarico, P. Profeta e G Savio, che ha confrontato l’uso “ del voto di preferenza nei comuni con appena più di 5 mila abitanti (massimo due voti di preferenza) con i comuni appena sotto la soglia, dove si può esprimere al massimo un voto di preferenza. Il numero medio di voti di preferenza per votante sopra la soglia è 0,9, mentre sotto la soglia solo sette votanti su dieci utilizzano una preferenza. Se il numero di voti con una singola preferenza è rimasto stabile, un incremento dello 0,2 preferenze per votante significa che solo un quinto dei votanti ha utilizzato la seconda preferenza.
Non sono solo i votanti dei piccoli comuni che rinunciano al secondo voto.” L’analisi “dei dati amministrativi dei 36 principali capoluoghi italiani mostra che il numero di voti di preferenza per votante è salito da 0,58 a 0,77, confermando che solo una frazione degli elettori li utilizza entrambi.”
Lo studio ha cercato di capire i motivi di questa scarsa scelta di utilizzare i voti possibili, arrivando ad affermare che “lo scarso uso del secondo voto non sembra essere legato a questioni ideologiche: il 70 per cento dei partecipanti all’indagine dichiara di pensare che la parità di genere in consiglio sia importante o molto importante. Il motivo principale per cui non lo si usa è che gran parte degli elettori non sa di avere questa possibilità. Infatti, il 49 per cento dei partecipanti all’ indagine pensa di poter indicare una sola preferenza nel proprio comune.”
Infine un’ultima considerazione. La proposta della modifica della legge elettorale è stata portata avanti da una donna, che ha dimostrato di non avere la consapevolezza di come una norma possa influire negativamente o positivamente su un sistema elettorale.
Ho detto in più di un’occasione che non basta essere donne per rappresentare le donne, è necessario conoscere la storia ed essere consapevoli della responsabilità storica verso le altre donne di oggi e di domani.
Nella mia esperienza politica non ho mai visto uomini che non sanno capire i vantaggi o svantaggi che una legge elettorale può provocare al gruppo sociale a cui appartiene, mentre invece ho notato donne, con ruoli istituzionali, che remano contro al proprio gruppo sociale, sperando di conquistare il consenso maschile.
Penso che queste donne siano in errore e che danneggino tutte noi.